Mendel (1822-1884)

 Il padre "postumo" della genetica.

Così l'autore, Adriana Giannini, ha voluto sottotitolare la storia di questo frate che scoprì i princìpi fondamentali della genetica attraverso uno studio statistico della modalità di trasmissione dei caratteri nella riproduzione dei "piselli", senza però ottenere pubblico riconoscimento dei suoi studi se non 16 anni dopo la sua morte.

Come per molti altri scienziati, non è stato infatti facile per il monaco Mendel proseguire i suoi studi e far conoscere al mondo i risultati delle sue scoperte.

Inizialmente il suo studio presso il monastero si estendeva anche ai topi, ma il vescovo ne aveva proibito la continuazione perchè considerato "impudico". Ho dovuto ripiegare sui vegetali "perchè il vescovo non sapeva che anch'essi sono sessuati" commentava ironicamente Mendel.

Quando poi riuscì a pubblicare un poderoso studio con tutti i dati raccolti sui suoi esperimenti si spinse a inviarne 40 copie ai maggiori studiosi dell'argomento sperando di ottenere, se non i complimenti, almeno osservazioni sul suo operato. Uno solo gli rispose, e forse sarebbe stato meglio che non l'avesse fatto.

Alla sua morte (6 gennaio 1884) l'Abate che dopo pochi giorni gli successe nell'incarico al monastero di Brunn, fece riunire tutte le carte dei suoi studi e ne fece un falò. (fortunatamente esistevano in giro per il mondo le 40 copie della relazione che condensava il significato degli esperimenti, ma tutti i dati di decenni di studio sono andati distrutti).

Solo nel 1900 i suoi scritti vennero riscoperti da De Vries, Correns, Von Tschermak, che per una disputa sulla primogenitura della scoperta finirono col riconoscerla all'ormai defunto Mendel.

Nel 1910 venne inaugurato un monumento alla sua memoria nella "Klosterplatz", la piazza antistante il monastero degli Agostiniani dove per 16 anni aveva ricoperto l'incarico di Abate.