GIORDANO BRUNO (1548-1600)

la nova filosofia degli infiniti mondi

Questa monografia conclude la collana che il direttore Enrico Bellone ha voluto aprire con Galileo, con il quale Giordano Bruno condivide il destino di "apripista" della scienza moderna.

Nell'impossibilità di sintetizzare in una pagina il poderoso impegno filosofico ampiamente illustrato nella monografia e avendo maggiormente a cuore la presentazione dei "grandi della scienza" come uomini prima ancora che come scienziati, dedichiamo questa pagina alla descrizione della sua movimentata e avventurosa esistenza lasciando agli interessati il gravoso compito di approfondire il pensiero di Bruno con la lettura della monografia e delle sue numerose opere.

A differenza di Galileo, Giordano dovette pagare con la vita la sfrontatezza di aver voluto sostenere le verità che "vedeva" nelle cose con la sua "speculazione filosofica" in contrasto con quanto asserito dalle "dottrine del tempo".

Tradito dalla superiore intelligenza, il suo destino fu quello di suscitare ovunque si recasse grande ammirazione subito seguita da inimicizie e persecuzioni che lo costringevano a cambiare città.

Nel 1576, denunciato presso l'Inquisizione, dovette abbandonare in fretta e furia Napoli riparando a Roma, presso un convento. Accusato ingiustamente "di aver gettato nel Tevere chi lo aveva accusato presso l'Inquisizione" trova riparo a Noli (in Liguria), poi a Torino, Venezia, Padova, Brescia, Bergamo (dove su consiglio di alcuni confratelli riprende l'abito talare), Milano, Torino e infine Ginevra.

A Ginevra il 6 agosto 1579  viene arrestato e condannato a distruggere il "libel diffamatorio". Opuscoletto nel quale elenca gli errori (venti addirittura) fatti in una sola lezione dal titolare della cattedra di filosofia Antoyne de la Faye e dove accusa i ministri della Chiesa di non saper vivere nella fede di Cristo. A Ginevra chi offendeva o criticava i ministri, governatori o magistrati quali erano i lettori dell'accademia, rischiava perlomeno il carcere.

Da Ginevra passa a Lione, Tolosa e Parigi.

giunto a Parigi nel 1581 viene chiamato da Enrico III  che voleva conoscere i segreti della sua sapienza.

"ricercandomi se la memoria che havevo et che professava era naturale o pur per arte magica; al quale diedi soddisfazione; et con quello che li dissi et feci provare a lui medesimo, conobbe che non era per arte magica ma per scienza"

nel 1583, a seguito di tumulti, si trasferì da Parigi a Londra con lettera di presentazione di Enrico III, dove rimase fino al 1584. Nell'ottobre del 1584, dopo aspre polemiche torna a Parigi. Da Parigi deve allontanarsi a seguito di polemiche sorte con il matematico italiano Mordente e nel 1986 si trasferisce a Wittemberg, la patria di Lutero. Ma le sue critiche a Lutero e Calvino (che lui definisce "asini" alla pari di "Paolo di Tarso") finiscono per inimicargli anche le città tedesche. Si trasferisce a Praga per 6 mesi alla corte dell'imperatore Rodolfo II, per il quale scrive un libro di geometria per il compenso di "300 talari". Nel frattempo infuria la lotta tra cattolici e protestanti e nel 1589 Enrico III, suo protettore, viene assassinato da un fanatico cattolico. A sua volta Bruno viene "scomunicato" dal "sovrintendente e pastore della Chiesa luterana di Francoforte Gilbert Voet".

Si trasferisce prima a Zurigo e poi a Venezia nella speranza di godere della protezione del patrizio "Mocenigo", che desidera conoscere da lui i segreti della memoria (come il re di Francia). Ma dopo un breve periodo di collaborazione  anche il Mocenigo lo denuncerà all'Inquisitore veneto (1592).

In campo astronomico non solo difende la tesi Copernicana della Terra che gira attorno al Sole, ma compie un ulteriore passo in avanti nella comprensione dell'Universo sostenendo che le stelle non sono "appese all'ottava sfera detta firmamento" e che il sole non è al centro dell'Universo, essendo solo una delle tante stelle distribuite in uno spazio "infinito" e in quanto tale privo di centro.

Sostiene anche che non c'è motivo per non ritenere che anche le altre stelle, alla pari del Sole, siano circondate da pianeti, ragion per cui è probabile che esistano una "infinità di mondi" oltre al nostro.

Una tesi sicuramente "moderna", ma che a quei tempi poteva suscitare irritazione in un "mondo scientifico" dove scienza e religione facevano corpo unico e la pena per gli eretici erano la tortura e il rogo.

Dopo essersi rifiutato di sottoscrivere un documento di abiura contenente 8 sue affermazioni, presentatogli dall'inquisitore cardinale Roberto Bellarmino, viene condannato ad essere "arso vivo".

La sentenza verrà eseguita il 17 febbraio 1600 in Campo dei Fiori.